Effetti di interventi non farmacologici per le persone fragili: revisione sistematica e metanalisi
A cura di Patrizia Brigoni, Università del Piemonte Orientale, Dipartimento di Medicina Traslazionale
La fragilità è una sindrome clinica legata all'età, caratterizzata dal declino di varie funzioni, accompagnata da maggiore vulnerabilità. Può essere considerata come uno stato che precede la disabilità e contribuisce a una serie di esiti negativi per la salute, tra cui il declino cognitivo, la depressione, la difficoltà a svolgere attività quotidiane. Porta spesso con sé una minore qualità della vita, cadute, ricovero in ospedale e necessità di assistenza a lungo termine.
Tutti questi fattori, a loro volta, aumentano i costi sanitari. La fragilità è comune negli adulti anziani; con l'invecchiamento della popolazione mondiale, la gestione della fragilità è un'importante sfida per la salute pubblica.
Gli autori della revisione hanno considerato gli studi riguardanti interventi di attività fisica, interventi multicomponente e interventi nutrizionali, ed hanno evidenziato che tutti questi interventi sono associati al miglioramento della fragilità rispetto al controllo.
La revisione e la conseguente metanalisi evidenziano che l'allenamento finalizzato al miglioramento della resistenza ha il miglior potenziale per ridurre la fragilità negli adulti anziani.
Tuttavia, gli studi inclusi non sono di buona qualità, dunque questi esiti necessitano di essere confermati con nuovi studi.
Nel dettaglio, l'attività fisica sembra essere l'intervento più efficace (Differenza media standardizzata SMD = 0.43, 95% CI: 0.34–0.51). L'allenamento di resistenza (risultato il più efficace, SMD = 0.58, 95% CI: 0.33–0.83), l'esercizio mente-corpo (SMD = 0.57, 95% CI: 0.24–0.90), l'allenamento fisico misto (SMD = 0.47, 95% CI: 0.37–0.57) e l'allenamento aerobico (SMD = 0.36, 95% CI: 0.09–0.62) risultano associati a una riduzione della fragilità rispetto alle cure abituali.